Da parecchi anni ormai si è diffusa la pratica di effettuare trasferimenti di natura immobiliare tra coniugi in sede di omologa degli accordi di separazione e divorzio. Ciò consente un notevole risparmio per le parti in causa (ossia gli ex coniugi), i quali, nel momento in cui decidono di separarsi/divorziare consensualmente, possono regolare anche tra di loro i rispettivi rapporti patrimoniali (es. trasferimento di immobili o di quote di essi) facendosi omologare dal Tribunale un accordo avente la medesima valenza di un atto notarile. Tali accordi, come detto, risultano particolarmente vantaggiosi poiché, da un lato, consentono di risparmiare sulle spese notarili e, dall’altro, godono del regime di esenzione fiscale totale assicurato dalla normativa in materia divorzio (art. 19 L. 74/1987), esteso dalla giurisprudenza anche alla fase di separazione. A porre il suggello definitivo sulla validità di tali accordi – avversati da una parte della dottrina e della giurisprudenza (per lo più di merito) che vi attribuiva solamente una valenza obbligatoria, risultando quindi necessario il successivo rogito notarile ai fini traslativi – sono intervenute lo scorso luglio le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la cass.civ. SU n. 21761 del 2021.